“Nonplaces”, according to the French anthropologist Marc Augé, are those spaces that deny identity, relationships and history.
Such spaces are often tailor-made to reassure their users through the repetition of known formats and to push them towards a frenetic desire to spend.
A cruise is the nonplace ‘par excellence’ when it comes to RELATIONSHIPS.
On the ship nothing is left to chance: everything, from how spaces are used to how time is managed, is accurately calculated.
Everything meets state-of-the-art technological efficiency criteria.
The result is the depersonalization of relationships that turns the passenger into an actor reciting a script written by others.
A cruise is the non-place ‘par excellence’ when it turns HISTORY and CULTURES into simple “novelties” or “interesting objects”.
On board bars and restaurants reflect different styles, cultures or historical periods. But history on board is made of plastic instead of stone, of simulation instead of experience.
A cruise is the non-place ‘par excellence’ when it denies IDENTITY.
Novelist Stefan Zweig wrote, “Formerly man had only a body and a soul. Now he needs a passport as well for without it he will not be treated like a human being.”
The passenger is identified by the “card” with which he can come and go and, obviously, spend. The user / passenger / customer does not need to be known and be accepted by the community on board. No effort is required for integration and mutual acquaintance.
It is enough to be considered a paying customer. One waits his turn, follows instructions, uses the product for a limited time and, in the end, pays.
Cruise passengers are habitual vacationers, with their own rhythms, their own rituals and their own visions.
They are constantly reassured by knowing that everything television or the web suggests as a lifestyle can be found onboard.
But when among the actors of “the great comedy” we catch a glimpse of humanity, we realize that the enthusiastic effort to have fun often paves the way for a reality made of boredom, disorientation and loneliness.
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I “nonluoghi”, secondo l’antropologo francese Marc Augé, sono quegli spazi che negano l’identità, le relazioni e la storia.
Spazi spesso costruiti su misura per rassicurare i loro fruitori attraverso la riproposizione di format conosciuti e spingerli al desiderio frenetico di consumare.
La crociera è il nonluogo per eccellenza quando si parla di RELAZIONI.
Sulla nave nulla è lasciato al caso: tutto al suo interno, dalla fruizione degli spazi alla gestione dei tempi, è calcolato con precisione.
Tutto risponde a criteri di efficienza tecnologica allo stato dell’arte.
Il risultato è una spersonalizzazione delle relazioni che riduce il crocierista ad attore di un copione già scritto da altri.
La crociera è il nonluogo per eccellenza quando riduce la STORIA e le CULTURE alla stregua di “curiosità” o “oggetti interessanti”.
A bordo è possibile trovare bar e ristoranti che richiamano differenti stili, culture o epoche storiche. Ma la storia a bordo è fatta di plastica invece che di pietra, di recitazione invece che di esperienza
La crociera è il nonluogo per eccellenza quando nega L’IDENTITÀ.
Il saggista Stefan Zweig ha scritto “Una volta l’uomo aveva un’anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano”.
Ciò che identifica il passeggero è la sua “card” con la quale potrà entrare, uscire e consumare. L’utente/passeggero/cliente non ha bisogno di farsi conoscere e di farsi accettare dalla comunità a bordo. Non è richiesto alcuno sforzo di integrazione e di conoscenza reciproca.
È sufficiente che sia identificato come utente solvibile. Attenderà il proprio turno, seguirà le istruzioni, fruirà del prodotto per un periodo transitorio. E alla fine pagherà.
I crocieristi sono vacanzieri abituali, con i loro ritmi, i loro riti e i loro miti.
Sono rassicurati continuamente dalla possibilità di individuare a bordo tutto ciò che la televisione o il web propongono come modello di vita.
Ma quando tra i ruoli di attori della “grande commedia” si intravedono fessure di umanità ci si accorge che lo sforzo entusiastico di divertirsi spesso lascia spazio ad una realtà fatta di noia, disorientamento e solitudine.
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